mercoledì 4 aprile 2012

Benzina e Area C - Considerazioni


E' notizia ormai quotidiana l'inarrestabile tasso di crescita del prezzo della benzina. In alcune zone del Centro-Sud Italia ha raggiunto i 2 Euro al litro, mentre qui a Milano si è attestata intorno a 1,87/1,9 €.
E' una cifra davvero incredibile.
Non solo se coloro che ci pensano sono persone che 30 anni fa la pagavano 300 lire al litro, ma anche per quelli della mia età. Mi ricordo che quando comprai il mio primo motorino, nel settembre 2008, la benzina senza piombo costava 1,04 €/l. In tre anni e mezzo, il prezzo è quasi raddoppiato; ciò vuol dire che a parità di prezzo, i litri che effettivamente entrano nel serbatoio sono la metà. 
Una curiosa ricerca su Wikipedia mi ha portato a scoprire, in parte, la natura delle accise che inficiano così pesantemente il prezzo del carburante.

  • 0,1 centesimi di euro (1,90 lire) per la guerra di Abissinia del 1935;
  • 0,7 centesimi di euro (14 lire) per la crisi di Suez del 1956;
  • 0,5 centesimi di euro (10 lire) per il disastro del Vajont del 1963;
  • 0,5 centesimi di euro (10 lire) per l'alluvione di Firenze del 1966;
  • 0,5 centesimi di euro (10 lire) per il terremoto del Belice del 1968;
  • 5,1 centesimi di euro (99 lire) per il terremoto del Friuli del 1976;
  • 3,9 centesimi di euro (75 lire) per il terremoto dell'Irpinia del 1980;
  • 10,6 centesimi di euro (205 lire) per la missione in Libano del 1983;
  • 1,1 centesimi di euro (22 lire) per la missione in Bosnia del 1996;
  • 2,0 centesimi di euro (39 lire) per rinnovo contratto autoferrotranvieri 2004;
  • 0,5 centesimi di euro per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005;
  • 0,71 a 0,55 centesimi di euro per il finanziamento alla cultura nel 2011;
  • 4,0 centesimi di euro per far fronte all'emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011;
  • 0,89 centesimi di euro per far fronte all'Alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana nel novembre 2011;
  • 8,2 centesimi di euro per il decreto "Salva Italia" nel dicembre 2011.

(A ciò si somma l'imposta di fabbricazione sui carburanti, per un totale finale di 70,42 centesimi di euro per la benzina e 59,32 per il diesel. Su queste accise viene applicata anche l'IVA al 21%, che grava per circa 15 centesimi di euro nel primo caso e 12 nel secondo.)

Come ha giustamente ricordato Maurizio Crozza, nella consueta copertina del programma televisivo Ballarò, ci sono "più sfighe in un litro di benzina che nell'intera opera di Nostradamus!"
Messa da parte la genealogia delle accise che gravano sull'acquisto del carburante, è ovvio che un prezzo così elevato si ripercuote pesantemente sulla quotidianità dei cittadini.
E' utile fare un paio di considerazioni.
Il prezzo del petrolio è in continuo aumento e difficilmente, almeno nel medio periodo, si potrà constatare un'inversione di tendenza. L'aumento della domanda, che crescerà esponenzialmente in Cina e India, le tensioni politiche e sociali nel Medio Oriente che rischiano di portare verso nuovi "shock" nell'offerta, il vuoto della stessa (offerta) che sembra essere limitato, come ha scritto l'autorevole Martin Wolf in un editoriale sul Financial Times (di settimana scorsa), porteranno inevitabilmente verso un rincaro incrementale del combustibile fossile. Questo processo si riverserà specularmente sul prezzo del carburante e inficerà il tasso di crescita dell'inflazione.
In un momento del genere, dove la benzina assurge ad essere un vero e proprio "bene di lusso", una quota della popolazione sempre minore sarà propensa ad usare l'auto quotidianamente. E questo è immediatamente verificabile.
A fine Marzo, infatti, un articolo comparso su La Repubblica parlava di un crollo del 20% dell' acquisto di carburante nel primo bimestre ed una conseguente esplosione del numero di abbonamenti per i mezzi pubblici nelle città di Roma, Milano, Torino e Firenze. 
In particolare, a Milano, anche a causa dell'aumento del biglietto ordinario giornaliero, le emissioni di abbonamenti mensili sono aumentate addirittura del 33%.
In questo contesto, credo si inserisca positivamente l'istituzione della famigerata "Area C".
Posto l'obiettivo - oggettivamente sensato - di ridurre drasticamente il traffico, le emissioni di CO2 e favorire la viabilità nel centro, la giunta comunale ha coraggiosamente potenziato l'azione dell' Ecopass.

I risultati dei primi due mesi, consultabili sul sito dell'Area C, parlano di un calo del traffico di circa il 36%, pari ad una riduzione bimestrale degli ingressi nella stessa di 49.000 unità.

Con l'aumento costante dei prezzi della benzina, una politica che miri a rendere costoso lo spostamento in auto in una data zona, in un determinato arco di tempo induce ad usare ancora meno l'auto e più i mezzi pubblici o la bicicletta.

Credo che in un momento come questo si debba, più che mai, riflettere sul significato di una tale restrizione.

Quanto è sensato l'insieme di spostamenti che usualmente facciamo in macchina?
Questi consumi frenetici possono e devono continuare ad aumentare?
E' giusto ritenere questa restrizione dannosa per il benessere dei consumatori?
Sono domande a cui non è facile trovare rapidamente una risposta.
Per quanto studi Economia da sei mesi, la teoria della crescita infinita non mi sta apparendo molto convincente, così come sono piuttosto scettico riguardo la "decrescita sostenibile".
Senza dubbio è un sistema complesso, dove entrano in gioco più variabili. Asserire ex ante l'esattezza dell'una o dell'altra è assolutamente superficiale.
Ritengo però che i consumi non possano crescere all'infinito, soprattutto quando il prezzo si sposta così in alto. Anzi, quelli della benzina dovranno necessariamente scendere.
Pertanto, da cittadino, sono ben felice che il numero di automobili circolanti sia inferiore, e lo sono ancor di più da abitante interno alla Cerchia dei Bastioni.
Se voglio usare spesso l'auto, devo pagare oltre un certo numero di volte in cui entro ed esco dalla Cerchia. Ma usufruisco di un contesto in cui il traffico è sensibilmente ridotto e, quindi, i mezzi viaggiano molto più rapidamente. 
Avvertire che la propria libertà assoluta sia stata limitata è lecito, ma, prese in considerazione le ragioni e le conseguenze, credo che tutti debbano riconoscerne la fondatezza.
Credo, allo stesso modo, che le critiche mosse dall'Unione Commercianti o anche da cittadini, talvolta anche in modo estremamente aggressivo, siano sterili in quanto smentite dagli stessi dati che vanno configurandosi.
Tuttavia, come sempre, quando si compiono delle scelte che minano le abitudini delle persone, si incontrano delle resistenze. Ma è indispensabile discernere ciò che ha una ragion d'essere da ciò che non la ha.
A mio parere, non solo la ratio dell' Area C è fondata, ma è ancora ad una fase iniziale della sua evoluzione. Se fosse per me, l'intera Cerchia dovrebbe essere trasformata esclusivamente in zona pedonale, con accesso consentito ai taxi, ai residenti (con un numero fisso, e molto basso, di ingressi, oltre il quale scatta un pedaggio), al car sharing (possibilmente ecologico) ed un'infinità di biciclette. Non sarebbe forse molto più bella e vivibile la zona storica di Milano?
Se la riduzione del traffico è un obiettivo condivisibile e condiviso, non credo che si debba assistere ad uno scontro politico in merito. L'area C non è una scelta politica di sinistra, così come l' Ecopass non rispecchiava valori della destra; è dunque completamente sbagliato che la si usi per raccogliere consensi tra coloro che non la condividono.
A nostro parere, è questo tipo di "dicotomia politica" uno dei maggiori ostacoli che dobbiamo superare, in primis con una forte presa di coscienza. La contrapposizione ideologica in merito a qualsiasi scelta o decisione è qualcosa che dobbiamo confinare ad un passato recente. 
Proprio i concetti di "Destra" e "Sinistra" sono qualcosa che appartiene al Novecento, e la loro riproposizione dogmatica in ogni contraddittorio limita la capacità di ricercare soluzioni orientate al bene comune.


martedì 27 marzo 2012

Liberare Spazio


Un apologo Zen abbastanza famoso racconta di un intellettuale che, curioso di conoscerne gli insegnamenti, si reca da un maestro e lo riempie di domande circa Dio, il nirvana, la meditazione ed altre cose simili.

Il maestro in risposta gli offre una tazza di te e, continuando a versare il liquido anche dopo aver riempito completamente la tazza, lo fa traboccare sul vassoio... L'intellettuale, pensando ad una distrazione del maestro, cerca di richiamare la sua attenzione, ma inaspettatamente riceve questa risposta:

“Così come questa tazza, anche tu sei pieno delle tue opinioni e supposizioni. Come vuoi che io ti versi dentro degli insegnamenti Zen se prima non ti svuoti di ciò che già ti riempie?”


Non ricordo la prima volta che ho letto questa storia, ma recentemente ho avuto modo di pensare a quante cose abbiamo dentro, oltre alle opinioni e presupposizioni di cui sopra. Cose di cui ci siamo riempiti anche se in fondo vorremmo liberarcene: idee, pensieri, proiezioni, convinzioni che ci rendono schiavi di noi stessi. Cose di cui ci siamo caricati e che perciò spesso gravano sulle nostre spalle ostacolando il nostro naturale evolvere e divenire, che ci tengono attaccati al suolo, a volte impedendoci di prendere il volo.



Un esempio relativamente semplice.
Credo che le persone non vivano tutte nello stesso mondo. Tutt'altro. Ognuno di noi costruisce ogni giorno dentro di sé la sua “Mappa del mondo” in base alle sue esperienze e a mille altri fattori. E' l'insieme delle nostre conoscenze e convinzioni circa la realtà in cui viviamo, e poiché il modo in cui traiamo conclusioni riguardo alle nostre esperienze passa attraverso un'interpretazione, spesso il confine tra le due cose è molto labile.
La chiamano mappa del mondo proprio perché tanto quanto la mappa è una pallida imitazione semplificata del territorio, il mondo per come lo pensiamo è un'incompleta e spesso distorta rappresentazione di esso, distante dalla realtà. E' utile tenerlo sempre presente.

Prendete ad esempio il cambiamento. Le persone possono cambiare? Cosa ne pensate a riguardo? C'è chi pensa che si possa cambiare, chi crede che nasciamo con un carattere che è una parte definita ed immutabile di noi stessi e ci sono tutte le infinite sfumature che stanno nel mezzo.
Ora ditemi: secondo voi queste persone vivono tutte nello stesso mondo?
La mia risposta è semplicemente no. Qualcosa che per qualcuno di loro è classificata come impossibile, per un altro è un'opzione da prendere in considerazione, ed è facile intuire quanto questa semplice convinzione possa singolarmente avere un impatto radicale sulla vita di ognuno di noi: sui nostri comportamenti, sulle decisioni che prendiamo quotidianamente...

Del resto c'è stato un tempo in cui tutti erano convinti che la terra fosse piatta, che il sole girasse intorno alla terra, che l'uomo non potesse volare, che un atomo non si potesse scindere etc. Però un giorno dentro qualcuno queste convinzioni sono crollate lasciando spazio a un dubbio...
E' bastato questo.
La verità era sempre stata sotto gli occhi di tutti, semplicemente nessuno aveva ancora fatto posto dentro di sé per accoglierla.



Si potrebbe fare una lista infinita di ambiti in cui è possibile ravvisare questo stesso meccanismo. Credo valga la pena citarne alcuni.

Che idea avete della felicità? Come pensate la si possa raggiungere? (Ammesso e non concesso che lo riteniate possibile).
Ognuno di noi risponde in modo diverso a queste domande. Forse nel pensarci vi viene spontaneo vedere voi stessi in determinate situazioni, che fate certe cose...
Chiediamoci cosa è strettamente necessario alla nostra felicità. Siamo davvero sicuri che lo sia?
E' facile riconoscere anche dietro a tutto ciò un sistema di convinzioni. Convinzioni che forse ci fanno costantemente sentire la mancanza e il bisogno di qualcos'altro, di ciò che non abbiamo, impedendoci di gioire pienamente delle ricchezze del presente, o, se volete, di cogliere l'attimo, di vivere qui e ora.
Cosa succederebbe se provassimo a mettere in dubbio quelle convinzioni? Come sarebbe riempito il vuoto lasciato da queste?

Pensate ad alcune persone della vostra vita. Pensate a che idea vi siete fatti di loro, ai modi in cui vi siete abituati a dare una spiegazione ai loro comportamenti...
Per quanto possiate averla ritratta magistralmente nella vostra testa, è utile ricordarsi che quella che avete lì è, e resta, solo la vostra proiezione mentale di quella persona, non vi dirà di più di lei di quanto una parola possa dirvi dell'oggetto da essa indicato.
La mappa non è il territorio.
Più relazionandovi con quella persona cercherete inconsciamente conferma di quanto già sapete su di lei e più soffocherete la sua individualità, più resterete sordi a quanto quella persona sta cercando di dirvi e ciechi a quello che cerca di mostrarvi, entrando in relazione non con lei, ma a tutti gli effetti con delle parti di voi stessi...
Una sintesi ellittica di questo ragionamento potrebbe essere rintracciata nel luogo comune “non bisogna avere pregiudizi” piuttosto che “molte persone vedono i propri difetti negli altri”.


Prendete in considerazione un desiderio che avete. Sapete già come e quando lo vorreste vedere realizzato? Con ogni probabilità in questo modo state preparando il terreno per il fallimento.

Possiamo scegliere in che direzione muoverci, ma non ci è dato di stabilire a priori le coordinate della nostra destinazione.
A mio modo di vedere, voler scegliere tutto in anticipo è fare cattivo uso della nostra fantasia.
Il prezzo da pagare, il contrappasso, per chi non ammette flessibilità nei propri desideri (magari raccontandosi che non è disposto a scendere a compromessi) è quello di rincorrere a vuoto le ombre, le proiezioni della sua mente. Riempiendosi di fantasie ci si priva inesorabilmente della bellezza che il mondo ha da regalarci.
Anche in questo caso, se non abbiamo lasciato spazio dentro di noi, la realtà non potrà entrare e riempirci di ciò di cui abbiamo davvero bisogno.



Dov'è il punto in tutto questo? Il fatto è che su delle convinzioni/ idee/ proiezioni potremmo aver costruito anche delle parti importanti della nostra vita.
L'incertezza non piace a nessuno.
Per confrontarsi con l'ignoto serve fatica e forse anche un po' di coraggio, e per questo molti preferiscono accomodarsi su verità preconfezionate... Siamo dotati di libero arbitrio e possiamo scegliere cosa fare, ma è chiaro che cercare di sottrarsi ai vuoti di cui prima significa fare “peccato”. No, non nel senso che qualcuno alla fine della nostra vita ci guarderà e ci giudicherà per quello che abbiamo fatto (chi ci ha messo in testa l'idea che sia come al ristorante, dove il conto si paga comodamente alla fine?), se ci aggrappiamo disperatamente a delle ombre che esistono solo nella nostra mente, siamo noi stessi ad infliggerci la nostra pena. Qui e ora.

domenica 18 marzo 2012

Kony 2012


Da poco più di una settimana, in rete, abbiamo potuto riscontrare una diffusione virale - la più grande della storia del web - di un video, di poco meno di mezz'ora, che ha l'obiettivo di rendere famoso un personaggio ai più sconosciuto: Joseph Kony.

Ma analizziamo i fatti, quello che il video ci mostra: il mediometraggio, degno di un film hollywoodiano, costato poco meno di 700mila dollari, inizia con una carrellata di ciò che sta caratterizzando gli anni Dieci del Duemila: ognuno di noi, attraverso il PC, ha una finestra sul mondo che lo collega con tutti gli altri, con un click possiamo far conoscere il nostro pensiero potenzialmente a tutti quanti in possesso di un accesso internet, il Web 2.0 è uno strumento rivoluzionario e i governi tremano di fronte all'incapacità di controllo su questo strumento. il messaggio è uno: "Tu puoi cambiare le cose, se lo vuoi!"
Dopo questa carrellata di immagini che dura quasi quindici minuti (metà del video), conosciamo il cattivo protagonista del video.
Joseph Kony è leader del Lord's Resistance Army (LRA), un esercito ribelle, che da anni, nell'indifferenza mondiale, mira ad instaurare in Uganda un regime teocratico distorto basato sulla visione personale del leader Kony sui dieci comandamenti cristiani.
Kony si è macchiato dei peggiori crimini di guerra, compreso quello di aver sequestrato circa 30000 bambini, strappandoli alle loro famiglie e avviandoli alla vita di soldati.
Questa testimonianza toccante ci giunge attraverso Jacob, un ragazzo ugandese che ha conosciuto l’orrore della guerra civile.
Ma cosa possiamo fare noi, semplici youtubers, per contribuire alla cattura di questo malvagio individuo? È presto detto: Donare! Donare denaro, condividere il video per rendere Kony famoso a tutto il mondo, per rimuovere l’ignoranza e interrompere l’atteggiamento di indifferenza mantenuto dai governi della parte ricca del mondo. L’obiettivo dell’associazione no-profit, Invisible Children Inc., è di fare pressioni sul governo USA, affinché si impegni nella cattura del cattivo.
La presidenza Obama ha recentemente inviato 100 consiglieri militari in Uganda, non molto differenti da quelli inviati 50 anni fa in Vietnam che fecero gridare (giustamente) allo scandalo.
Questa parziale “vittoria” di questi “pacifisti”, però, ancora non basta: per non far cadere nel dimenticatoio quello finora fatto bisogna raccogliere denaro, bisogna finanziare l’operazione militare, legittimare l’intervento militare degli Stati Uniti in Uganda, facendolo pagare direttamente ai cittadini convincendoli che quello che stanno facendo sia la cosa giusta.

Purtroppo, finita la visione del video, termina la raccolta di informazioni da parte di una buona fetta dell’utenza di internet: il messaggio che questa organizzazione no-profit trasmette non può essere sbagliato, necessariamente deve essere qualcosa di giusto, i buoni soldati bianchi americani andranno nel continente nero e prenderanno a calci il cattivo ribelle.

Analizzando i dati, qualche perplessità in me è nata, lo confesso.
Innanzitutto l’azione del LRA in Uganda è praticamente assente dal 2006, quando l’esercito regolare ugandese lo ha scacciato dal territorio nazionale, ora, il gruppo di ribelli, ridotto ad un manipolo di poco più di un centinaio di individui, è sparso tra Sud-Sudan, Congo e Repubblica Centrafricana.
Non si hanno da tempo notizie dell’ubicazione di Joseph Kony.
Sembra strano che una Organizzazione no-profit cerchi l’appoggio dell'esercito americano, che storicamente non è famoso per le sue buone maniere nei paesi in cui avvia operazioni militari.
Altro dato che non può non generare perplessità sono i recenti studi geologici che testimoniano la presenza di un giacimento di 2,5 miliardi – 6 nelle previsioni più ottimistiche – barili di petrolio situato sotto la regione dei Grandi Laghi. Attualmente il giacimento non è sfruttabile proprio a causa dei numerosi conflitti etnico-politici che affliggono il Corno d’Africa: quale modo migliore di un insediamento stabile da parte di forze militari statunitensi per accaparrarsi questa ricca fonte di combustibile?
Altre opinioni descrivono l’atteggiamento degli Stati Uniti come una strategia politica per aumentare la sua influenza nel continente africano sempre più controllato dalla superpotenza cinese, ormai sempre più importante in Africa. La Cina dipende in maniera sempre più decisiva dall'Africa e rappresenta un partner meno condizionante rispetto ad Europa e Stati Uniti per il continente nero. La Cina punta ad uno sfruttamento subdolo, ma contemporaneamente supporta lo sviluppo africano: l’America sta perdendo la sua influenza sul continente nero e questo non può essere accettato dal governo statunitense.


Personalmente, credo che il Web 2.0 fornisca degli strumenti davvero potentissimi: a livello locale abbiamo potuto assistere a mobilitazioni di massa e creazioni di gruppi uniti da ideali comuni, per citarne uno, “il Popolo Viola”. Se volessimo guardarci intorno, troveremmo “Occupy Wall Street” e le sue varianti nelle città europee, le mobilitazioni in Russia in occasione delle recenti elezioni, tutte le rivoluzioni della primavera araba… insomma il Web e i social media abbattono la pigrizia, fanno aprire gli occhi alle persone, non sono causa, ma mezzo per le mobilitazioni. Questo strumento nelle mani sbagliate produrrebbe certamente danni e, forse Kony è un primo esperimento di manipolazione sociale di massa.
Certamente la figura di Joseph Kony non è un'invenzione, esiste, si è macchiato di crimini terribili e assicurarlo alla giustizia sarebbe una cosa che non ci farebbe certo dispiacere, ma non risolverà il problema dei bambini soldato in Africa, questo è sicuro…


Intanto, Jason Russel, regista del film e figura di spicco dell’associazione è stato internato all’ospedale psichiatrico di San Diego per esaurimento nervoso, colto a masturbarsi nudo in pubblico. Che siano rimorsi di coscienza? Incapacità nel reggere il peso della popolarità? Staremo a vedere.

venerdì 16 marzo 2012

Perché?

In una società dominata da ideologie rimasticate, da un'ottica dicotomica ed anacronistica che tutto pervade, da dogmi granitici che incatenano la "libera ricerca", la ratio di questo spazio è cercare di sviluppare un pensiero critico alternativo, una visione scevra da pregiudizi e preconcetti, unicamente orientata alla ricerca della verità.

Tutto ciò esula dalla pretesa di definire la sottile linea che separa "Giusto e Sbagliato", ma si fonda sullo sviluppo di un approccio olistico sulle questioni di ogni giorno.

Gli autori sono due studenti dell'Università Bocconi, all'inizio del loro percorso accademico,  che però già da qui non vogliono accettare nulla come assioma, ma filtrare tutto ciò che si presenta loro attraverso un 'ottica di imparziale curiosità.


«The whole problem with the world is that fools and fanatics are always so certain of themselves, but wiser people so full of doubts». Bertrand Russel